La nuova preda di Greenpeace è il marchio d’abbigliamento
ZARA, in seguito a una campagna denominata Detox. Sotto indagine, però, le più
grandi catene di moda del mondo.
Sotto al nome di ZARA, infatti, figurano anche Benetton, Jack
& Jones, Diesel, Esprit, Gap, Armani, H&M, Levi, Victoria’s Secret,
Mango, Marks & Spencer, Tommy Hilfiger e Calvin Klein.
Sono stati esaminati 141 capi di abbigliamento con la
conseguente scoperta di sostanze pericolose contaminanti.
Alchilfenoli e ftalati, i primi sono altamente tossici (in
quanto persistenti) per gli organismi acquatici, mentre in quelli animali
provocano dermatiti ed allergie. I ftalati, invece, causano una
femminilizzazione nei neonati maschi, disturbando la maturazione dei testicoli,
oltre a provocare danni al fegato, ai reni e ai polmoni.
Ovviamente la notizia non è una novità, ma Greenpeace fa
partire la solita raccolta firme, chiedendo a ZARA di azzerare l’utilizzo di
queste sostanze entro il 2020, cosa che altri marchi come H&M e Mark &
Spencer hanno già accettato. Greenpeace afferma di aver scelto ZARA in quanto è
il marchio più grande, e che quindi ha la maggior concentrazione di queste
sostanze.
Si impone, inoltre, di fornire al cliente i valori di tutte
le sostanze rilasciate nelle acque dai loro impianti.
Quello che si vorrebbe evitare, e curare, è una situazione come quella della Cina, la più grande fornitrice di capi di abbigliamento, anche per grandi marchi occidentali.
Quello che si vorrebbe evitare, e curare, è una situazione come quella della Cina, la più grande fornitrice di capi di abbigliamento, anche per grandi marchi occidentali.
Un terzo della popolazione cinese non ha accesso all’acqua
potabile, in quanto quest’ultima è inquinata e l’industria tessile ne è una
delle principali cause.
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