La quarta tappa del viaggio attraverso le maggiori città
fantasma si sofferma sulle coste di Cipro, in una frazione della città di
Famagosta. Siamo a Varosha, meta del turismo di pochi, degli hotel di lusso e
dalle spiagge affollate di personaggi famosi. Ma Varosha sorgeva su di un’isola
contesa da secoli da Grecia e Turchia, furono questi conflitti a decretare la
fine della città.
Nel 1974 venne effettuato un colpo di stato militare greco ai
danni del palazzo presidenziale, che cedette ai combattimenti. Il tentativo era
annettere la totalità dell’isola di Cipro alla Grecia. Pochi giorni dopo la Turchia
rispose militarmente, spingendo il proprio esercito alla conquista dell’isola.
L’invasione portò all’occupazione di un terzo dell’isola, oltre che all’evacuazione
di centinaia di migliaia di residenti. Nelle zone evacuate, c’era proprio
Varosha, isolata dal mondo con una rete di filo spinato, preda delle barbarie
dell’esercito turco, che la depredò in seguito all’invasione.
La città è rimasta da allora in stato di abbandono, i
recinti delimitano ancora i confini della zona turco-cipriota. Tuttavia,
nonostante le lesioni del tempo e degli agenti atmosferici, non muore la
speranza di recuperare quell’angolo di Famagosta tanto amato dal turismo. Molti
hanno lanciato un appello alla Turchia, con il desiderio comune di riportare
Varosha allo splendore di un tempo. Per il momento, però, gli unici abitanti di
questo paradiso spettrale sono le tartarughe marine, tornate a nidificare sulla
spiagge dopo l’abbandono di quest’ultime.
Il giornalista americano Alan Weisman parla di Varosha nel
suo libro “Il mondo senza di noi”, in cui analizza il futuro del pianeta dopo
la scomparsa dell’uomo. Weisman ammette che basterebbero 25 anni di abbandono a
rendere un edificio ormai inutilizzabile, sostenendo che la natura si riprende
in maniera permanente ciò che l’uomo le ha tolto. Questa le parole di Weisman
in seguito ad una visita di Varosha nel 1976, appena due anni dopo l’evacuazione:
“Il registro dell'albergo era ancora aperto all'agosto
del 1974, le chiavi delle stanze posate sul bancone, la sabbia era entrata
formando piccole dune nell'atrio, i fiori erano seccati nei vasi, veri e propri
alberi stavano già invadendo la sede stradale. Piante grasse rampicanti
serpeggiavano dai giardini degli alberghi, le vetrine dei negozi esponevano
ancora creme solari e souvenir, un concessionario Toyota offriva ancora una
vecchia Corolla, le facciate degli alberghi crivellate di proiettili, dieci
piani di porte a vetro scorrevoli ormai distrutte...”
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